Per Ghébré-Michaël, martire alla ricerca della verità, non era sufficiente la conoscenza della teologia. Voleva la verità, trasmessa dalle Scritture, espressa dai Padri della Chiesa, formulata nei primi Concili e alla quale la Chiesa vivente presta una fedeltà inalterabile.
1791 | Nascita |
1813 | Dottorato in Scienze ecclesiastiche. Diventa monaco |
Dal 1814 al 1825 | Pellegrinaggio di ricerca e approfondimento delle proprie conoscenze. |
1842, febbraio | Visita Roma |
1844 | Accolto nella Chiesa cattolica |
1851, 1 gennaio | Ordinazione sacerdotale in gran segreto |
1854, luglio | Incarcerazione, seguita da una terribile tortura |
1855, 28 agosto | Morte |
1926, 3 ottobre | Beatificato come martire da Papa Pio XI |
30 agosto | Festa liturgica |
Ghébré-Michaël che significa letteralmente «servo di san Michele», nacque nel 1791 in una famiglia ortodossa, in Etiopia, nella Provincia di Godjam , vicino al Monastero di Mertola Maryam dove fece i suoi studi e divenne anche novizio.
Per sei anni svolse fedelmente i vari compiti del suo stato monastico, studiò accuratamente tutta la Bibbia, i primi Concili, i Padri della Chiesa e tutti i documenti che riuscì a reperire. Nel 1813 fu insignito del titolo di “Dottore in Scienze Ecclesiastiche”. Tuttavia, la sua sete di conoscenza era inestinguibile, così iniziò un pellegrinaggio di ricerca nei monasteri più prestigiosi dell’Etiopia e dell’Eritrea, dal 1814 al 1825.
Dejazmatch Wube, il principe del Tigré, lo nominò membro della delegazione che si recava al Cairo (a causa del suo legame giurisdizionale) per chiedere un nuovo vescovo per l’Etiopia. Per motivi di sicurezza, questa delegazione era accompagnata da un sacerdote cattolico, Giustino de Jacobis, il quale, per accettare tale missione, pose una condizione: portare con sé i delegati a Roma per rendere omaggio a Papa Gregorio XVI. Riuscirono a portare a termine il difficile compito di richiedere un nuovo vescovo. Dopo l’incontro con il Patriarca Petros, ai delegati fu severamente vietato da lui stesso di recarsi a Roma, pena la scomunica. Ciononostante, ebbero il coraggio di visitare Roma nel 1842 per cercare di comprendere la verità della fede viva della Chiesa cattolica e Ghébré-Michaël scoprì che la fede della Chiesa cattolica era in armoniosa continuità con l’antica Chiesa etiope.
Tornato ad Adwa, nel febbraio 1844, chiese a monsignor Giustino de Jacobis di riceverlo nella Chiesa cattolica. All’età di cinquantanove anni Ghébré-Michaël fu segretamente ordinato sacerdote il 1º gennaio 1851 nelle rovine della chiesa d’ Alitena.
Fu nominato professore degli allievi di monsignor Giustino de Jacobis. Mentre esercitava la funzione di rettore del seminario minore, Abouna Selama, il nuovo vescovo, iniziò a perseguitare Giustino de Jacobis, Ghébré-Michaël e tutti coloro che li seguivano.
Abba (padre) Ghébré-Michaël fu colpito così brutalmente che il sangue gli uscì dalla bocca e gli bagnò tutto il corpo. Quelli che lo videro diffusero immediatamente la notizia della sua morte. Tuttavia, egli sopravvisse ai colpi e fu incatenato mani e piedi. Il 25 dicembre 1854, dopo l’interrogatorio da parte di Abuna Salama, le sue gambe furono poste all’interno dei “ceppi”.
Sopportò la prigionia e terribili torture, poi venne condannato a morte davanti al plotone d’esecuzione. La sua vita si concluse durante una marcia forzata il giorno della festa di San Giorgio, il 28 agosto 1855. Ghébré-Michaël rimase fedele alla Chiesa cattolica, nonostante tutte le torture subite.
Il vescovo Giustino de Jacobis informò il suo Superiore generale della morte di Abba Ghébré-Michaël, “postulante” e “seminarista” della Congregazione della Missione.